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Dall'agnizione della tragedia greca alla palla da baseball di DeLillo, dai treni di Anna Karénina all'amore struggente fra Tomàs e Tereza, dalle contrade picaresche alle trame multiple del modernismo, un testo letterario è, anche, un sistema relativamente esatto e coincidente: un meccanismo a incastro che un artigiano della penna ha predisposto nell'intento di far combaciare i pezzi. Per secoli, è stata proprio la coincidenza l'ingrediente più abusato della narrativa: sia che abitasse l'anima della storia, sia che fosse calato ex machina come qualcosa di posticcio e di imprevisto, sia che rispondesse al dettato di qualche provvidenza. C'è stato però un momento, nella prima metà del secolo scorso, a partire dal quale le regole del gioco non sono state più le stesse, perché la fisica dei quanti e la psicologia del profondo avevano trasformato i paradigmi di riferimento. Su questa mutazione il dibattito critico forse non si è interrogato abbastanza. Nate nel corso di un appassionante, libero opificio accademico, le scritture qui contenute provano a ripensare la questione dalle sue fondamenta, aprendo la teoria letteraria al dialogo con altri saperi non sempre prossimi - eppure, in qualche modo, co-incidenti.